L'oro di Gran Dubbione

L’oro di Gran Dubbione

di Romano Gennaro

 

LAReditore, Perosa Argentina, 2007

Stampato nel mese di luglio del 2007 dal Centro Stampa Valchisone per conto della LAReditore di Garavello Andrea, ”L’oro di Gran Dubbione” è il primo libro che Romano Gennaro ha scritto in lingua italiana. Questa precisazione, in merito alla lingua usata, va fatta, perché Romano Gennaro, affezionato socio della nostra Valaddo, residente a Villar Perosa, è già conosciuto in Val Chisone come autore di varie poesie e prose, scritte in lingua piemontese, per le quali ha ottenuto lusinghieri premi e riconoscimenti in numerosi concorsi letterari, ivi compresi quelli de L tò Almanach del 2005 e del 2006.

In verità ”L’oro di Gran Dubbione” ospita anche nomi, brevi frasi, modi di dire e alcuni versi in piemontese, ma solo qua e là, giusto per far capire che l’Autore non si separerà mai dal dialetto appreso in casa, quando bambino viveva nella solatìa terra monferrina. Se lo porterà sempre nel cuore, come se lo portano i personaggi del suo libro e, in particolare, il protagonista, che è infatti sempre chiamato Milio e mai Emilio. Come, per fare un altro esempio, Augusto ed Enrico sono rispettivamente denominati Gusto e Rico.

Milio è la figura dominante di tutto il racconto e di quel Gran Dubbione, in cui è nato. Un personaggio che affascina letteralmente il lettore, non soltanto perché è un vero figlio delle nostre montagne: forte, schietto e infaticabile lavoratore, ma anche perché è un poeta con tanti sentimenti, ideali e sogni, che lo rendono grande e seducente, e per i quali egli lotta con tenacia, affinchè si realizzino.

E riuscirà a realizzarli insieme alla sua Ernestina, la bella ragazza dagli occhi verdi, che ama e per la quale vuole a tutti i costi trovare l’oro, lassù nel Rio delle Miniere, sulle cui rive conduce ogni giorno a pascolare il suo gregge di capre. Non ne troverà molto, quel tanto che basta per comperare le fedi nuziali, ma Milio non se ne rammaricherà, perché dopo tante vicissitudini - che si fanno leggere in un fiato, per il brio e la passione con cui sono narrate - egli comprenderà che il vero oro di Gran Dubbione è la sua Ernestina.

Come le dirà, per chiederla in sposa, al termine del racconto, che di primo acchito sembrerebbe solo una storia d’amore; invece parallelamente alla vita di Milio e di Ernestina scorre anche la vita di tutto il Gran Dubbione, al finir del 1800, con la sua realtà di paese dedito all’allevamento delle capre, alle attività silvo-pastorali e all’allestimento delle sue conosciutissime carbonaie.

Con maestria e spiccata sensibilità infatti Romano Gennaro è riuscito a fondere la storia ”quotidiana” di due giovani innamorati con l’autentica storia d’un paese delle nostre valli, dove, nel secolo scorso, iniziavano a sorgere le prime industrie e le prime miniere, di cui vengono sempre rigorosamente segnalate le date e i documenti d’archivio consultati.

Anche le stupende fotografie in bianco e nero, che corredano il testo sono scrupolosamente datate fine ’800 e insieme alla suggestiva copertina, ove si intrecciano scorci multicolore del panorama attuale con immagini d’epoca, rendono ancor più avvincente questo libro, che Romano Gennaro ha sì scritto perché non cadesse nell’oblio la storia di Gran Dubbione, ma anche perché il lettore, catturato dalle bellezze naturali da lui descritte, fosse invogliato a visitare i luoghi in cui ”si dipana” il suo racconto.

Per constatare di persona che il Gran Dubbione è rimasto intatto come un tempo: ”con il verde intenso dei suoi boschi, con le guglie rocciose, che si ergono sulla vegetazione e contrastano, nel loro silenzio, con il suono dell’acqua del Rio della Gleisassa e dei Traversi, che formano profondi tonfani di un colore quasi irreale”.

Come giustamente scrive l’Assessore alla Cultura di Pinasca nella prefazione, evidenziando l’importante contributo che il libro dà alla promozione del vallone di Gran Dubbione, quello sperduto e meraviglioso angolo della Val Chisone, dove – e queste sono parole di Romano Gennaro – ”si scende dall’auto e l’orologio rallenta la sua folle corsa, i suoni della natura vi abbracciano e si riscoprono sensazioni dimenticate e lontane”.

Maria Dovio Baret